Don Luigi nel ricordo di Massimo Gramellini
Buongiorno – A memoria d’Uomo
da La Stampa del 2-2-2007
C’era un imprenditore, un grande imprenditore. Produceva così tanto lavoro che riusciva a darne anche ai balordi e ai derelitti. Nessuno meglio di lui sapeva diversificare gli investimenti. Aveva trovato un sistema per riempire le giornate agli ex drogati e un altro per pagare le bollette della luce ai pensionati che non arrivavano alla fine del mese. Sull’onda del successo si era allargato al ramo-convegni, allestendo gli incontri dei genitori a cui un incidente o una malattia avevano appena sottratto il figlio. Altri imprenditori, al suo posto, avrebbero rimediato soltanto ingratitudine. Ma lui era diverso: possedeva il senso del ritmo. Sapeva muoversi fra i crucci degli uomini nel modo e al momento giusto. Con leggerezza. C’era questo imprenditore, a Vercelli. Ma adesso c’è qualcosa di ancora più incredibile. Una comunità sterminata di dipendenti che fanno la coda da giorni davanti alla sua bara per dirgli grazie e rimpiangere che lui li abbia lasciati soli. Il loro simbolo è un vecchio ubriacone che ha trascorso la vita a maltrattare il mondo e a esserne maltrattato: è lì che piange a dirotto come un fanciullo, senza schiodarsi di un millimetro dalla salma. Ai funerali saranno talmente tanti che bisognerà montare i maxischermi in piazza.
C’era davvero un grande imprenditore, a Vercelli. E il bello è che non aveva, e non dava, neanche un euro. Si chiamava Luigi Longhi, ma per tutti era il Prete Buono. Un povero parroco di periferia. Non sapeva che salvare i perduti è impossibile. Perciò li ha salvati, fino all’ultimo.
Fonte: La Stampa 02/02/2007